“Màt” Sicuri, innamorato della libertà

Difficile immaginarlo nelle vesti del chierichetto. Eppure fu anche questo Enzo Sicuri, che per decenni Parma vide e in qualche modo temette come un “matto”, seppure forse attenuato dal dialettale “màt”, e comunque come un barbone. Forse

solo negli ultimi anni Parma ha studiato e un po’ capito questa figura sicuramente dissonante rispetto all’immagine che la città voleva allora dare di sè: perfino il monumento in piazzale della Macina, che pure aveva sollevato qualche perplessità, sembra oggi quasi un risarcimento a una umanità sottovalutata se non emarginata per anni.

Che poi, sia chiaro, è ciò che a sua volta Sicuri sembrava volere. E forse sarebbe stato difficile sapere su di lui tante cose se non ci fossero stati il lavoro, e l’umanità, di Tiziano Marcheselli e Giovanni Ferraguti, che nel 1985 pubblicarono con Tipolitografia Benedettina Editrice un libro preziosissimo e delicato fin dal titolo: “Il nostro amico Enzo Sicuri”. E’ qui che, accanto al Sicuri filosofo (o meglio allievo del filosofo Spaggiari) di cui negli ultimi anni si è più volte raccontato fino al bel docufilm di Fabrizio Marcheselli con Francesco Dradi e Antonio Cavaciuti, scopriamo appunto insospettabili trascorsi a servire messa, accanto alla passione per la lirica trasmessagli dal padre corista e ad ancor più insospettabili esperienze nel mondo dei profumi.

Fra l’altro, oltre che per il soggetto il libro (oggi difficile a trovarsi) è prezioso per la sfilata di illustri penne parmigiane: Rossi, Torelli, Chierici, Bocchi, Gandolfi, Barilli. Molissi, Curti… C’è anche – e non la ricordavo – l’unica intervista rilasciata fino ad allora, alla Gazzetta di Parma a firma Vito Orlando: qui vien fuori anche la confessione di un Sicuri innamorato, a modo suo (“una volta sono stato innamorato per quarantotto ore, però non sono mai stato rimbambolito”).

Ma più di tutto, emerge la sua continua ricerca della libertà. Dormire all’aria aperta fra i cartoni, e con la carta dei giornali come coperta, lo rendeva davvero “il diverso di una città di pianura” come scrive Giorgio Torelli, ma gli dava anche una anarchica indipendenza che forse nessuno avrebbe imitato ma che forse tutti gli hanno un poco invidiato. Ecco perchè, anche in questa Parmateca che cerca di ricostruire – anche e soprattutto per i più giovani – l’identità parmigiana attraverso una biblioteca web, questo strano e a lungo bistrattato personaggio è davvero “il nostro amico Enzo Sicuri”.

Per saperne di più sul libro: leggi qui

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