Carta che vale oro. Otto secoli di parole: la Cultura con cui “non si mangia” che diventa invece preziosissimo terreno su cui costruire presente e futuro. Ma ci voleva un visionario come
Guido Conti per mettere insieme questa cavalcata di parole e di suggestioni, lunga addirittura dal 1200 al 2020. Settecentosettanta pagine: l’ho scritto in parole, perchè diano l’idea della lunghezza del libro e per aggiungere subito che non devono spaventare il lettore. Anzi, io credo che La città d’oro , di Guido Conti per Libreria Ticinum Editore, 50 euro ora anche in edicola con la Gazzetta di Parma, è un libro che ogni famiglia parmigiana dovrebbe avere e consultare.
E’ un investimento sulla carta. Ma anche su noi stessi, perchè è inutile che ci riempiamo la bocca sulla “parmigianità in pericolo” se poi questa identità non la fissiamo e studiamo. Guido Conti, che è affermato scrittore ma anche stimolante saggista a 360 gradi (leggete le sue riuscitissime biografie da Giovannino Guareschi a Arrigo Sacchi) ci prende per mano: e anche se non si esce dai confini della città letteraria, ha ragione Michele Guerra a parlare – nella prefazione – di un “libro di viaggio”.
Fra l’Oltretorrente e l’Europa, si potrebbe dire, con il filo rosso (o d’oro, appunto) della costante curiosità intellettuale, dello studio che viene prima della creazione. Ecco perchè l’Europa (Proust e Stendhal, ad esempio, e non solo perchè Parma la nominarono loro), ed ecco anche l’America (il fascino di Hemingway) e l’Africa (tentazione e fonte di racconti per un piccolo esercito di inviati-scrittori). Una panoramica sulla città di provincia che ha saputo essere non provinciale proprio perchè non si è mai limitata a guardare il proprio ombelico, che pure ha sempre attirato i nostri narcisismi.
Ma la vera lezione, passando da Petrarca a Borges con in mezzo il cinema di Chaplin, è che la vera Letteratura parmigiana ha saputo scrivere di Piazza Garibaldi o delle gaggìe del torrente guardando prima al mondo. La lezione che Verdi sintetizzò nella frase “Il vero genio è sgobbare”: ovvero, non si arriva da nessuna parte senza sacrificio e senza studio vero ed appassionato. E peraltro anche dello stesso Verdi – e di Toscanini – Conti traccia un volto letterario attraverso i rispettivi epistolari.
Se Conti non ce ne fornisse le prove, sembrerebbe quasi incredibile che la nostra piccola Parma abbia saputo in qualche modo interessare tanti giganti lontani: dalle descrizioni di Boccaccio del nostro delizioso Parmigiano-Reggiano al Pasolini che fu così conquistato dalla fecondità culturale della Parma dei Caffè letterari da codificare una Officina Parmigiana che è tuttora incoraggiante suggestione anche per gli scrittori del terzo millennio.
Una città del passato straordinariamente proiettabile nel futuro. Ma questo dipenderà da noi, anche solo come lettori: e le settecentossettanta pagine di Conti, in realtà scorrevolissime e divise in tanti brevi capitoli, sono un bel lascito del biennio da Capitale, ma soprattutto – per l’appunto – una stimolantissima mappa per nuovi viaggi tra passato e futuro. E per nuove officine parmigiane.